Festino del giovedì grasso
Il 1608 è testimone di una curiosa coincidenza: vengono dati alle stampe sia il Festino del Giovedì Grasso avanti cena, celeberrima commedia armonica di Adriano Banchieri, sia la Descrizione della vita del Croce di Giulio Cesare Croce. In quest’ultima si legge: “Del mille e cinquecento col cinquanta / al mond’io venni in dì di Carnevale, / quanto più d’esser pazzo ognun si vanta. / E perch’ era giornata gioviale / parve ch’in punto tal mi s’attaccasse / al quanto di quell’ombra al mio natale. La vita e l’attività di Croce sono strettamente intrecciate a quelle di Banchieri e non soltanto per questo piccolo ma significativo caso; essi infatti condivisero il gusto per la commedia, per la satira e per la letteratura burlesca, nelle quali profusero l’arguzia del loro spirito e una certa inesauribile inventiva.
Le tracce di questa comunione d’intenti sono individuabili in più luoghi nell’intera produzione dei due autori, fra questi vi è certamente la Novella di Cacasenno, con la quale Banchieri intese completare il ciclo di Bertoldo, in omaggio all’amico e sodale. Il nostro spettacolo è costruito come una festa di Carnevale nel XVII secolo nella quale si alternano mascherate di ogni tipo, personaggi grotteschi e buffi che, cantando, recitando e ballando, attendono l’arrivo del Signor Carnevale, per festeggiarlo in un sontuoso banchetto. Nello spettacolo di Dramatodía vengono riunite tre opere: il Festino di cui abbiamo già accennato, La solenne e trionfante entrata dello squaquaratissimo e sloffeggiatissimo Signor Carnevale e le Mascherate piacevolissime di Croce. In questa sontuosa, colorata e stravagante cornice i testi e le musiche proposti sono ordinati secondo un programma narrativo così da calare lo spettatore in un’autentica festa barocca.